Storie e commenti su Libretti e Spartiti antichi

Storie e commenti di  libretti teatrali e spartiti originali.
Rievocazione di programmi e atmosfere di altri tempi.

INDICI
1 – DONNA CARITEA REGINA DI SPAGNA (Saverio Mercadante) Ravenna 1830.
2 – LINDA DI CHAMOUNIX  (Gaetano Donizetti). Ravenna 1849.
3 – EUSTORGIA DA ROMANO (Gaetano Donizetti), Ravenna 1854.
4 – DON CARLO (Giuseppe Verdi), Ravenna  1884.
5 –  I PURITANI E I CAVALIERI (Vincenzo Bellini), Faenza 1837.
6 – BEATRICE DI TENDA , (Vincenzo Bellini) Lugo 1839.
7 – SEMIRAMIDE (Gioacchino Rossini), Bologna, 1827. 

 

1 – “Donna Caritéa Regina di Spagna” di Saverio Mercadante,
 “da rappresentarsi nel Teatro Comunale di Ravenna
per la solita Fiera di Maggio del 1830″

Redazione di “Più Notizie” – Ravenna 27 Aprile 2021

Donna Caritéa,
frontespizio del libretto stampato a Ravenna nel 1830.
(Biblioteca Filippo Briccoli)

Non sarebbe troppo complicato rievocare la plurisecolare attività lirica dei Teatri di Ravenna prendendo spunto o meglio analizzando notizie, nomi e indizi vari contenuti nei libretti d’opera originali, editi in città nei secoli passati. Purtroppo quelle preziose pubblicazioni (unitamente ad altri documenti grafici e figurativi) non sono più consultabili perché scomparse.
Sono scomparse, dicono i bene informati, perché gran parte del ricco archivio storico dei nostri  teatri è sparita nel totale silenzio. Si racconta in proposito che qualcuno, avendo trovato carte, pacchi, scatole, faldoni mal ridotti o deteriorati in ambienti inadeguati, abbia inviato ogni cosa al macero senza alcun tentativo di recupero. Vero o non vero che sia (purtroppo è da escludere la seconda ipotesi) è certamente desolante per gli attuali ricercatori e storici del settore non poter rievocare –senza il necessario materiale – le attività, le atmosfere e gli eventi teatrali di un glorioso passato. A loro, se assistiti dalla buona fortuna, resta la consolazione di potersi soffermare su qualche titolo residuo in città o venerato nelle raccolte di noi appassionati collezionisti.
Tra i miei libretti desidero attirare l’attenzione su una rarissima “perla“ stampata a Ravenna dai Tipi ‘Roveri e Collina così intitolata Donna Caritéa Regina di Spagna, melo–dramma serio da rappresentarsi nel Teatro Comunale di Ravenna per la solita Fiera di maggio del 1830.
Fu portata a Ravenna ventidue anni prima dell’apertura del Teatro Alighieri e rimase sulle scene del teatro Comunitativo giunto al termine della sua attività, dalla fine di aprile ai primi di giugno 1830.
La citata e all’epoca popolarissima opera di Saverio Mercadante (1795–1870) fu una lodevole scelta dell’accorto concittadino Antonio Casali, uno dei più rinomati appaltatori teatrali della penisola, il quale anche nella sua città impiegò ogni accorgimento per coinvolgere con accortezza e deferenza personaggi di grande rilievo e per scritturare apprezzati artisti.
Lo dimostra chiaramente il libretto che in ambito ecclesiastico prima cita, per motivi di censura, l’Ill.mo e Rev.mo Chiarissimo Falconieri Arcivescovo di Ravenna, e il parroco Carlo Bacchetti deputato dal S. Uffizio alla concessione dell’Imprimatur. Evidenzia poi ed esalta l’autorità di un Principe della Chiesa, il Signor Cardinale Vincenzo Macchi (1770–1860) Legato della Città e Provincia di Ravenna, al quale Casali dedica Il Libretto del Dramma, con adulazione, ossequio e devota enfasi.
Anche in ambito teatrale Antonio Casali dimostrò l’efficienza della sua impresa.
Lo si capisce dall’orchestra, accresciuta di Professori della Città e Forestieri, affidata alla guida di noti professionisti quali Gaetano Mililotti (1798 – 1850), Compositore e Maestro, Direttore della Musica; e Antonio Sighicelli, (1802 – 1886) valente Primo Violino e Direttore d’Orchestra.

Ma anche il palcoscenico fece la sua parte con lo sfoggio delle scene create dall’apprezzato maestro faentino Romolo Liverani. (1809-1872).
Non è difficile immaginare oggi l’entusiasmo sollevato in teatro da una compagnia di canto che si avvaleva non solo della presenza del soprano Giuseppina Fabre-Noël ma anche di cantori di cartello, come il tenore veneto Antonio De Val (1803–1878) valente interprete rossiniano di fama europea, ricercato per le sue notevoli risorse vocali e sceniche, e come il contralto Teresa Cecconi, Accademica Filarmonica di Bologna, “…un genio nato per l’arte del canto” (da Teatri, arti e letteratura, 1840). Il ruolo di Donna Caritéa come detto, venne interpretato dalla giovane ma affermata Giuseppina Fabre-Noël, virtuosa francese dalla voce ferma, commovente ed estesissima, approdata in Italia alla ricerca di un repertorio drammatico sentimentale consono ai suoi ragguardevoli ed espressivi mezzi canori. Decisione saggia ricompensata, pochi mesi dopo Ravenna, da altri entusiastici consensi al Comunale di Piacenza nel ruolo di Ninetta della Gazza ladra di Rossini. 2. I melomani ravennati furono felici spettatori di ben 25 repliche della osannata opera, senza immaginare che, dopo il vasto consenso avuto in tanti teatri nei primi anni della sua esistenza, in breve tempo quel melodramma si sarebbe spento.

Donna Caritéa
 Dedica

Donna Caritéa  
Gli Attori–Interpreti

Donna Caritéa.
Un poetico prestito al Risorgimento

 Donna Caritéa,
Citazione del Cittadino Giovanni Nostini, Primo Violino ravennate, a capo della sua orchestra.

Nata con successo a Venezia nel febbraio 1826, una decina di anni dopo l’opera di Mercadante arrestò improvvisamente il suo cammino con alle spalle le calorose accoglienze ricevute a Torino e Genova (1828), a Bologna (1827 col bis nel 1831) e alla Scala (1832). Scomparve poi dalle scene dal 1837 accompagnata inconsapevolmente dagli ultimi applausi del teatro di S. Carlo di Napoli.
Dopo quasi due secoli, di questo obliato melodramma resta forse sconosciuto un poetico legame con i moti risorgimentali che all’epoca infiammavano i cuori e gli animi di tanta gioventù votata all’unificazione nazionale italiana.
La correlazione affonda le sue radici in due notissimi versi senari della seconda strofa della nona scena di pagina 22: «Chi per la gloria muor / Vissuto è assai». Vengono scanditi in coro da truppe al soldo dell’infido Don Alfonso re del Portogallo schierato militarmente contro la regina di Spagna
Donna Caritéa, rea di averlo rifiutato come sposo. Dopo la prima veneziana, quei versi poetici (seppur sostenuti musicalmente da un ritmo cantilenante, poco guerresco) entusiasmarono talmente gli animi risorgimentali da venire scelti – previa sostituzione della parola gloria con Patria
– come loro motto morale e vessillo insurrezionale.
L’empito volitivo di quella eroica massima raggiunse e infiammò perfino il patibolo dei fratelli veneziani Emilio ed Attilio Bandiera i quali, nel Vallone di Rovito il 25 luglio 1844, affrontarono impavidi la fucilazione con sulle labbra l’esaltante verso teatrale impregnato di patrii ideali.

Filippo Briccoli

 
2 – “Linda di Chamounix” (Gaetano Donizetti)
tra ribalta teatrale e storia patria,
“da rappresentarsi nel Teatro Comunale di Ravenna per la Fiera di Maggio 1849”.

Redazione di “Più Notizie” – Ravenna 07 Giugno 2021

 Linda di Chamounix,
libretto di sala stampato a Ravenna nel 1849
(Biblioteca Filippo Briccoli)

A Vienna nel maggio 1842 il melodramma semiserio “Linda di Chamounix” risultò lo spettacolo più importante della stagione italiana di quell’anno. Era nuovo il testo del poeta Gaetano Rossi (1774–1855) e nuova era la musica composta dal bergamasco Gaetano Donizetti (1797–1848) per il prestigioso Kärntnertortheater viennese, più noto in Italia come Teatro di Porta Carinzia.
Questa importante sala imperiale all’epoca era gestita dal dinamico impresario Bartolomeo Merelli (1794–1879) pure lui figlio di Bergamo, collaboratore di Donizetti nonché soccorritore di Verdi, giovane compositore. Le 16 recite iniziate in prima assoluta il 19 maggio, avvinsero subito Corte e Imperatore per la raffinatezza dell’orditura musicale e per la sobrietà della trama particolarmente adatta a un teatro imperiale poco incline a storie inquietanti. Il pubblico poi molto interessato fu portato addirittura all’esultanza dalle strepitose voci scritturate dall’abile Merelli. Basta citarne i nomi per immaginare le irrefrenabili acclamazioni rivolte a tanta maestria vocale: il magico soprano forlivese Eugenia Tadolini (1808–1872), il tenore Napoleone Moriani (1808–1878) divo internazionale, il raffinato ed espressivo contralto Marietta Brambilla (1806–1875) e il baritono verdiano Felice Varesi (1813–1889. Tanto successo più che meritato non si esaurì nella capitale asburgica ma venne bissato mesi dopo, il 17 novembre del medesimo anno a Parigi al Théâtre-Italien in occasione della ripresa dell’opera modificata da un Donizetti non completamente soddisfatto dall’evento viennese. Ripresa in mano la penna, in breve tempo rimodellò non solo la partitura ma arricchì anche la modesta sortita di Linda al primo atto con l’aggiunta di un’aria speciale su testo poetico tutto suo.
In realtà l’aria parigina era stata sollecitata dalla nuova Linda prima donna assoluta, il soprano Fanny Tacchinardi Persiani (1812–1867) pronta a pretendere (come le altre sue colleghe), un’aria nuova scritta appositamente per lei ogni volta che doveva eseguire ruoli in precedenza cantati da fulgide stelle come… l’Eugenia Tadolini di sei mesi prima.
La cavatina Ah! tardai troppo… O luce di quest’anima, (definita “cabaletta bipartita” dal musicologo William Ashbrook in Donizetti: Le Opere, pagina 227), ebbe un’accoglienza trionfale non inferiore alle ovazioni indirizzate a tutta la stellare compagnia di canto della quale faceva parte anche il faentino Antonio Tamburini (1800–1876), inimitabile basso/baritono donizettiano della prima metà dell’Ottocento. Ancora oggi dalle ribalte di tutti i teatri del mondo, instancabili melomani ascoltano con entusiasmo l’aria divenuta la pagina più famosa dell’opera, sedotti da toccanti pennellate melodiche e sentimentali, intessute di superbe variazioni improntate al più affascinante belcanto.
Fin dalla sua prima apparizione l’opera si affiancò agli altri capolavori donizettiani ospitata a gara da tutti i teatri europei lungo tutto l’Ottocento teatrale con svariati numeri di rappresentazioni. Ravenna, città sensibile alla musica ed ai suoi protagonisti, fu tra le prime ad accogliere in un suo teatro la nuova opera in occasione della tradizionale Fiera il 2 maggio 1849. La prima recita avvenne nel palcoscenico del Teatro Comunitativo sette anni dopo il debutto viennese, seguito a intervalli più o meno regolari dal Bertoldi, dal Mariani e dall’Alighieri nel 1915, quest’ultimo il più valido spettacolo della serie al quale presenziò il 2 maggio 1915, (che combinazione!) l’allora proprietario del libretto che ora sto visionando; lo rileva un appunto manoscritto. Non è però di questa rappresentazione novecentesca che desidero scrivere qualcosa perché ora ho tra le mani l’originale e rarissimo libretto della prima Linda stampato a Ravenna dalla ‘Tip. dei Fratelli Maricotti’.

Eugenia Tadolini
Prima interprete assoluta di Linda all’Imperiale Teatro di Porta Carinzia a Vienna, il 19 maggio 1842. 
(Collezione Filippo Briccoli)

Fanny Tacchinardi Persiani
interprete del ruolo di Linda al Théâtre-Italien di Parigi il 17 Novembre 1842.
(Biblioteca Filippo Briccoli)

Antonio Tamburini
interprete del ruolo di Antonio, padre di Linda, al Théâtre-Italien di Parigi il 17 novembre 1842.
(Biblioteca Filippo Briccoli)

Uno sguardo alla sua data, il 1849, ci fa capire subito che lo spettacolo ravennate, proposto dall’impresa teatrale Carlo Fiorese per il maggio-giugno di quell’anno, venne a trovarsi senza volerlo nel bel mezzo della brevissima e sfortunata Repubblica Romana (febbraio – luglio 1849), periodo piuttosto travagliato per gli improvvisi contrasti che stavano sconvolgendo i pressanti progetti legati all’unità d’Italia nelle varie delegazioni pontificie, Ravenna compresa.
Senza la pretesa di fare del facile storicismo ricordo brevemente due avvenimenti che dimostrano quanto fossero instabili ed imprevedibili gli accadimenti di quel periodo nello Stato Pontificio. Nel novembre 1848 papa Pio IX fugge da una Roma turbolenta ed inaffidabile diretto alla più tranquilla borbonica Gaeta. Pochi mesi dopo nel gennaio 1849, ancora a Roma, è accolto tra gli applausi e le esaltazioni risorgimentali il debutto dell’opera verdiana La battaglia di Legnano al Teatro Argentina: una drammatica vicenda dai forti agganci patriottici che racconta dei Comuni lombardi schierati contro Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero spietato oppressore delle terre italiane del XII secolo. Un’occasione anche favorevole agli indipendentisti italiani ovunque pronti ad applaudire e gridare a gran voce, dentro e fuori i teatri, viva VERDI, acronimo di Vittorio Emanuele Re d’Italia.
Di queste discontinue ma instancabili manovre resta evidente ‘traccia’ sulle pagine anche del nostro libretto musicale diventato improvvisamente “laico” perché stampato appunto nel maggio 1849 quarto mese della Repubblica Romana. La traccia riguarda il vocabolo Cittadino, (parola estranea al contesto, forse settecentesca reminiscenza francese) stampato per la prima e forse unica volta in un libretto teatrale, davanti a tutti i nomi citati: cantanti, orchestrali, autorità, maestri di scena e politici. Il primo a ‘meritare’ tale termine proprio al centro del frontespizio, è Domenico Boccacini (sic), degnissimo Preside della Provincia di Ravenna, definito nella pagina successiva come il più illustre destinatario della dedica adulatoria scritta il 2 maggio dalla Società Impresaria a nome di Carlo Fiorese. Stando al racconto di un documento dell’epoca, sembra che il Preside Boccaccini fosse un operatore politico di basso rango piuttosto disinvolto tra le illustri, titolate personalità ravennati, piuttosto interessato alla ricerca di onori sociali e partecipazioni politiche (Luigi Montanari: il 12 e il 13 Giugno 1859 a Ravenna nella narrazione del Conte Luigi Guaccimanni).
Un altro Cittadino di Ravenna annotato alla pagina 5 nn. al disotto di un cast vocale non molto noto, risponde al nome di Luigi Ricci (1823–1896) inventore ed esecutore delle scene. Fa piacere vederne citata la presenza perché fu pittore e scenografo teatrale di valore anche in altre regioni d’Italia nonché fotografo storico di spessore nazionale. Infine per chiudere argomento e libretto con ammirazione e plauso mi soffermo a ricordare una terza figura pure essa ravennate, l’infaticabile musicista Giovanni Nostini, così presentato a pagina 6 nn. del libretto: «Capo e Direttore d’Orchestra Citt. Nostini Giovanni, Primo violino di questa Città ed accademia filarmonica, socio Onorario della Congregazione di Sta. Cecilia, dell’Acc. Fil.  di Bologna, di Roma e di varie altre etc- etc». A Ravenna dal 1827 al 1858 salì 31 volte sul podio e alle ribalte dei teatri della città.

E ancora a Ravenna proprio all’interno del golfo mistico del Teatro Alighieri si spense la sera del 2 gennaio 1870: entusiasta ravennate e violinista tra gli orchestrali, stava partecipando con passione alla rappresentazione di “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi.

Filippo Briccoli

3 – Eustorgia da Romano (Gaetano Donizetti)
da rappresentarsi in Ravenna nel Teatro Alighieri la Fiera del 1854.
(Biblioteca Filippo Briccoli)

 

 

 

4 – Don Carlo (Giuseppe Verdi)
da rappresentarsi nel Teatro Alighieri di Ravenna nella Stagione di Primavera 1884
(Biblioteca Filippo Briccoli)

Don Carlo.
Pagina del libretto riguardante l’esecuzione dell’opera all’Alighieri di Ravenna nel 1884.
/Biblioteca Filippo Briccoli)

 

5 – I Puritani e i Cavalieri (Vincenzo Bellini)
da rappresentarsi in Faenza  nel Teatro Comunale  per la Fiera del 1837
(Biblioteca Filippo Briccoli)

I Puritani e i Cavalieri.
Frontespizio del libretto stampato a Bologna
per la presentazione dell’opera a Faenza nel 1837. 

(Archivio Filippo Briccoli)

«Opera seria in tre parti da rappresentarsi in Faenza nel Teatro Comunale per la Fiera del 1837».
Il libretto tutto bolognese di Carlo Pepoli venne stampato nel 1837 con i Tipi Governativi della Volpe al Sassi.
Pagine 44, cm 16,5 x 9,5.
Ai giorni nostri e stando alle ricerche di CORAGO, una seconda copia del libretto si trova soltanto nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Sul frontespizio del libretto si nota una significativa marca tipografica raffigurante strumenti musicali.
A pagina 5 n.n. fanno bella vista i nomi dei “Personaggi” e degli “Attori “che rispondono ai celebri nomi del b/br Domenico Cosselli, del t Napoleone Moriani, del br Felice Varesi e del s Giuseppina StrapponiSegue l’annotazione: ‘Musica del Maestro Cav. Vincenzo Bellini’ e l’indicazione: ‘Pittore delle scene Signor Romolo Liverani’ (1809–1872), affermato artista faentino.
In questi dati informativi, presenti all’inizio di quasi tutti i libretti d’opera, non compare il nome di Alessandro Lanari (1787–1852) uno dei più attivi impresari della sua epoca. Non vi è citato perché probabilmente non avrà ritenuto opportuno apparire in questa circostanza. In realtà questo personaggio noto anche nei teatri europei dove realizzava invidiate stagioni d’opera, nell’anno 1837 era l’artefice di una stagione che impegnava con una compagnia stellare due teatri contigui, il Comunale di Bologna che poteva rivaleggiare con la Scala e il rinomato Comunale di Faenza. A Bologna la stagione lirica iniziò il 15 aprile con tre opere: Marin Faliero e la Lucia di Donizetti seguite da I Puritani e i Cavalieri di Vincenzo Bellini. Invece i faentini, preparati due melodrammi, alzarono il sipario il 10 giugno con Marin Faliero e il 23 con I Puritani. Il successo delle due attigue stagioni d’opera ebbe la risonanza dei grandi avvenimenti, dovuta principalmente alla presenza di una studiata scelta di giovanissimi artisti ben affermati e contesi per talento e fama, come già detto. Il più “vecchio” era il trentaseienne Domenico Cosselli (1801–1855), un basso/baritono che mostrava una padronanza scenica inconsueta che lo favoriva nell’avvolgere di intenso pathos melodico i propri personaggi. Al suo fianco si esibiva un cantore molto più giovane, il ventiquattrenne Felice Varesi (1813–1889), voce vigorosa dalle tonalità vibranti e robuste che Verdi adatterà, con ottimi risultati, alle sue nuove creature baritonali. Il terzo personaggio, fulgente astro dei massimi teatri, era il fiorentino Napoleone Moriani (1806–1878) idolatrato e stimato anche da impresari e compositori, ovunque applaudito come “il tenore della bella morte” come si racconta, scena sempre cruciale ed apprensiva dove la tensione vitale, con nobiltà di gesti faceva svanire  in struggenti emotivi deliqui.

Giuseppina Strepponi
Immagine estratta dalla rarissima litografia dellartista forlivese Mattioli
incisa a Faenza nel giugno 1837.
Stando alle ricerche sul web, un’altra copia della litografia faentina si trova soltanto nella
H Beard Print Collection,Copyright Victoria and Albert Museum, London.
(Archivio Filippo Briccoli)

La principessa di quelle serate fu però una ventiduenne di nome Giuseppina Strepponi (1815–1897), futura seconda moglie di Giuseppe Verdi. Piccolina di statura con lineamenti piuttosto pronunciati era disposta sempre ad affrontare ogni tipo di espressività e di tessitura vocale, senza immaginare che ne avrebbe pagato le conseguenze prematuramente. A 22 anni era già nota per le sue eccezionali doti non solo nei maggiori teatri del nord Italia, ma anche a Vienna capitale asburgica, al Theater am Kärntnertor (meglio conosciuto come Teatro di Porta Carinzia) dove due anni prima aveva entusiasmato tutta la Corte imperiale cantando senza riposo opere nuove di grande spessore e impegno vocale quali l’Anna Bolena e Il furioso all’isola di san Domingo di Donizetti, unite a Norma e Sonnambula di Bellini.
L’oculata stagione d’opera di Faenza, redditizia anche per Lanari, suscitò nei governatori di quella città un giubilo e un consenso indescrivibile che approdarono alla realizzazione/ricordo di una artistica incisione raffigurante i tratti degli eccellenti interpreti citati in precedenza: Strepponi, Cosselli, Moriani, Varesi. La mano artistica fu quella di G. Mattioli della Litografia M. R. di Forlì che completò i ritratti dei contanti con quello di Amalia Brugnoli (1802–1892), mima e danzatrice di cartello, passata alla storia anche come innovatrice della danza sulle punte accanto al marito Paolo Samengo, primo ballerino e coreografo. Per curiosità, una seconda copia della bella litografia di Mattioli si trova solo nella H Beard Print Collection,Copyright Victoria and Albert Museum, London.

Napoleone Moriani
il più celebre dei tre colleghi di Giuseppina.
Immagine estratta dalla litografia dell’artista forlivese Mattioli
incisa a Faenza nel giugno 1837.
(Archivio Filippo Briccoli)

 

Se questo avvenimento musicale rimase a lungo nella mente e nei ricordi di molti appassionati, un evento inaspettato e molto personale restò fisso nel cuore della nostra giovanissima prima donna abbandonatasi con affetto ad un suo inaffidabile collega: la nascita di Camillino, primo di  tre o quattro figli.
Per chi volesse approfondire:
ELENA CAZZULANI, Giuseppina Strepponi. Lodigraf, 1984.
GAIA SERVADIO, Traviata…, Rizzoli, 1994.

 

6 – Beatrice di Tenda (Vincenzo Bellini).
da rappresentarsi nel Teatro Comunale di Lugo la Fiera del 1839.
I(Biblioteca Filippo Briccoli).
Secondo Corago una copia si trova solo nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.

Beatrice di Tenda.
Frontespizio stampato a Lugo per l’esecuzione dell’opera nel 1839.
(Biblioteca Filippo Briccoli)

7 – Semiramide (Gioacchino Rossini)
 da rappresentarsi in Bologna nel Gran Teatro della Comune la Primavera dell’anno 1827.

 Semiramide di Gioacchino Rossini
Libretto stampato nella città felsinea nel 1827
(bibioteca Filippo Briccoli)

Questo “Melo-Dramma Tragico” venne rappresentato a Bologna   il 13 maggio 1827 [una precedente rappresentazione era avvenuta due anni prima..
Il libretto, stampato nella Tipografia Sassi, (1827), è di pagine 48 + 1 n.n. E misura cm 18 x12,4.
Pag. 2 n.n.: Dopo alcuni dati informativi si legge “La musica è del celebre Maestro Signor Gioacchino Rossini.
Pag. 3: Dedica “All’Eminentissimo e Reverendissimo Signore Il Signore Cardinale Giuseppe Principe Albani”, firmata “Bologna lì 4 Maggio 1827, da Umo e Dmo servitore G. B. Benelli”.
Pag. 5: ‘Personaggi’ seguiti dai nomi degli Interpreti.
Pag.  6: ‘Professori d’orchestra’ dove figurano i nomi degli strumentisti delle prime parti, dei vari Direttori musicali e dei collaboratori al palcoscenico.  Tra gli interpreti, i migliori dell’epoca, spiccano la prima donna Luigia Boccabadati Gazzuoli e Domenico Cosselli illustre basso-baritono, specialisti delle partiture rossiniane; affiancati dal giovane contralto Rosa Mariani.
La modenese Luigia Boccabadati Gazzuoli (1800 – 1850) favorita da virtuosistiche doti canore, raggiunse ben presto ambite ribalte. Già nel 1827 la troviamo a Bologna per la Semiramide di Gioacchino Rossini accanto al contralto Rosa Mariani (1799 – 1864) e a Domenico Cosselli (1801 –1855) un giovane basso sulla via della celebrità. Formarono subito, Boccabadati e Cosselli, un artistico connubio conteso dagli impresari più accorti, molto noto e applaudito anche nella Romagna dei teatri lirici dove nel 1825 aveva portato al successo la Semiramide nel  teatro di Lugo, centro rinomato, frequentato da un pubblico attento e preparato. Cosselli poi da parte sua, dopo una presenza sua nello stesso anno nel Teatro Comunitativo di Ravenna scritturato dal cittadino Antonio Casali per la rossiniana Gazza ladra, riabbracciò Lugo nel 1840 sempre più apprezzato per la intensità delle interpretazioni e per la maestria delle colorature  vocali nel Marin Faliero (opera mai più ripresa in quel teatro ) e nella Lucia di Lammermoor (primo interprete delle recite degli anni successivi.
Infine non va dimenticato il contralto quasi romagnolo Rosa Mariani applaudita Arsace nella Semiramide bolognese del 1827 dopo avere cantato a Lugo nel 1826, voluta da Casali, nel Il Crociato in Egitto (melodramma eroico di Meyerbeer eseguito in prima assoluta alla Fenice di Venezia nel 1824). E  per avere debuttato nel teatro Comunitativo di Ravenna il 25 aprile del 1822 come prima donna nell’opera La sacerdotessa d’Irminsul (melodramma di Giovanni Pacini rappresentato per la prima volta  al Teatro Grande di Trieste nel 1820), replicata 24 volte nel Comunitativo di Ravenna. Un successo condiviso con Nicola Tacchinardi (1772–1859), celebre e richiesto tenore tra i più pagati dell’epoca, come dice il Monaldi. Noto anche come padre dell’illustre soprano Fanny sposata Persiani.

•••

Il soprano Boccabadati Interprete del ruolo di Semiramide
(Biblioteca Filippo Briccoli)

Il basso Cosselli Interprete del ruolo di Assur 
(Biblioteca di Filippo Briccoli)

Tra i nomi della pagina 6 risalta quello di un noto, poliedrico bolognese, apprezzato compositore, direttore e insegnante di canto, ossia il “Maestro Direttore della musica [che in questo caso non significa direttore d’orchestra] Signor Giovanni Tadolini (1789–1872), Accademico filarmonico”. Vale la pena ricordare che nell’aprile del 1827, un mese prima della messa in scena di questa Semiramide, il quarantaduenne Tadolini era convolato a nozze con la sua allieva più promettente, la diciottenne forlivese Eugenia Savorani che in breve volger di tempo (aveva debuttato l’anno dopo) diventerà La Tadolini, una delle più acclamate stelle della lirica europea di quel periodo. Si separarono nel 1833, dopo una intensa attività artistica in Italia e a Parigi.
Per rimanere tra di noi romagnoli, l’acclamata Tadolini la ritroviamo anche nella mia collezione di libretti come l’Elisabetta del donizettiano Roberto Devereux rappresentato a Faenza nel 1840.
Ben presto diventerà sua rivale (perché preferite entrambe da Gaetano Donizetti), la citata Luisa Boccabadati protagonista applaudita di questa Semiramide.
A pag. 49 n.n. completano il libretto le necessarie autorizzazioni alla stampa del libretto: Visto da Fra Paolo Antonio Barbetti O.M.C. per ‘Em. et Rev. D. D. Carolo Card. Oppizzonio Arch. Bononiae’ il 5 maggio 1827. Visto pure da Domenico Mandini […]  “Exam.  Sinodal. pro Eccelso Gubernio” il 5 maggio 1827.
Segue Reimprimatur […] sempre del 5 maggio 1827.

Un fiore per te.